Lo Zampino
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Professione Medico: l'esperienza di Cesare De Virgilio

Cesare
Cesare de Virgilio

Nell’immaginario collettivo, un medico dovrebbe essere austero e serioso, di poche parole e con una grafia illeggibile. Noi ne conosciamo uno allegro e chiacchierone, sorridente e molto attivo nell’ambito del volontariato, della cultura e anche della politica.

Cesare è un giovane medico, che vive e lavora a Bari, dove è nato, e viaggia tantissimo. Ci ha raccontato il suo percorso formativo e ci ha portato con sé ad approfondire la sua visione della vita e dell’impegno sociale. Il suo consiglio più importante? Non dimenticarsi di sé stessi.

lniziamo con le presentazioni.

Ho 31 anni, sono nato e cresciuto a Bari, nel quartiere popolare di Carrassi-San Pasquale. Sono un medico specialista in Medicina di Comunità e delle Cure Primarie, una specializzazione nuova, che unisce la medicina generale a un approccio psicologico e sociale, e sto concludendo un Phd in Sanità Pubblica, Clinica Medica e Oncologia, sempre all’Università di Bari. Mi sono formato anche a Milano, presso l’Università Cattolica e l’Università Bocconi sui temi dell’organizzazione sanitaria e del welfare, e presso il Comune di Milano, dove ho conseguito il diploma da Health City Manager. Al Nord potrei guadagnare tantissimi soldi, ma preferisco vivere in Puglia, terra che adoro. Sono spesso in giro per il mondo ma questa resterà sempre la mia casa.

Perché hai scelto medicina?

Non sono tra quelli che fin da bambini si immaginavano con lo stetoscopio al collo a salvare vite. La medicina non era neanche nei radar. Sognavo di fare il giornalista in giro per il mondo, di aprire un pub, di studiare la storia, l’economia… e invidiavo chi aveva un’unica grande passione. Ho maturato l’idea di diventare medico negli ultimi mesi di liceo classico, per unire la passione per la scienza a quella per l’attivismo sociale.

Perché hai scelto la medicina di famiglia e di comunità?

In università studiamo le terapie più innovative dei grandi ospedali, ma spesso tralasciamo come curare l’acne dell’adolescente insicura, quale dieta consigliare allo zio diabetico o cosa dire alla nonna con la tosse. Il 70% delle malattie croniche e il 30% dei tumori sono legati a uno stile di vita sbagliato. In Italia, spendiamo 70 miliardi l’anno per curare malattie prevenibili. Saremmo un Paese più ricco della Norvegia se i medici di famiglia, ad ogni paziente che arriva in studio, chiedessero “mi dica, lei cosa mangia?”

Cosa ti piace e ti arricchisce di più della tua professione?

La risposta più facile sarebbe “aiutare la gente”, ma la cosa che trovo più stimolante in assoluto è il fatto che non ci si annoi mai. Né durante il percorso di studi, che è fatto di argomenti e materie diversissime, né soprattutto nella professione, dove è difficile identificare una noiosa routine quotidiana. Al contrario, il rischio che vedo in molti colleghi è di essere talmente presi dal lavoro da tralasciare la propria vita personale.

In quali associazioni operi come medico?

Sono molto attivo con l’ONG “CUAMM - Medici Con l’Africa” realtà che, a dispetto del nome, gestisce progetti anche in Puglia. Oltre a fare visite gratuite per le famiglie bisognose di Bari, gestiamo una clinica mobile con cui portiamo cure e farmaci tra le baraccopoli del foggiano e del Salento, dove vivono molti migranti sfruttati dal Caporalato. Secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità, la nostra è una delle migliori 49 pratiche mondiali di assistenza ai migranti.

Cosa consiglieresti a chi vuole intraprendere il tuo stesso percorso di studi?

Quello che consiglio a chiunque si iscriva all’università: godersi quegli anni. Studiando, certo, ma lasciandosi spazio per hobby, divertimento, amici, volontariato, avventure, anche a costo di metterci un po’ di più a laurearsi. Ci hanno insegnato fin da piccoli che "dobbiamo essere il nostro lavoro", focalizzare tutte le nostre energie su quello, ma la vita è troppo breve per dedicarsi solo a studio e lavoro. Non sarete medici peggiori se vi lasciate del tempo per voi.

Da dove nasce il tuo impegno politico?

A scuola. Sono sempre stato un nerd. Amavo leggere di attualità. Poi nel 2008 è arrivata l’Onda, il movimento studentesco di protesta contro la riforma Gelmini, e lì ho cominciato a scendere in piazza e a metterci la faccia. Sono stato rappresentante d’istituto al liceo e degli studenti all’università, e ho coordinato per anni la più grossa associazione universitaria pugliese, Studenti Indipendenti. Un’esperienza bellissima. Dalla scuola, poi, l’attivismo mi ha portato a militare anche in partiti, movimenti, sindacati.

Pensi che la politica, in una società individualistica come quella attuale, sia ancora necessaria o sei d'accordo con chi la considera superata?

Tutto ciò che facciamo è politica. Scegliere cosa mangiare, che mezzo di trasporto prendere, se aiutare una persona in difficoltà, sono tutte piccole scelte individuali con enorme impatto sul mondo. La politica poi, quella delle istituzioni, ma anche quella fatta fuori dai palazzi, con movimenti e associazioni, può favorire la crescita di ricchezza. Fare politica significa investire in scienza, tecnologia, innovazione, istruzione e creatività, e soprattutto decidere come redistribuire la ricchezza generata, riducendo le disuguaglianze sociali, generazionali e di genere.

Sei molto attivo anche nell'ambito dell'organizzazione di eventi culturali. Quale ti è rimasto più a cuore?

Tra le altre cose, sono organizzatore di TEDxBari, TEDxLecce e TEDxTaranto, dei format internazionali di divulgazione scientifica e culturale. Nel 2017, portammo la prima volta TEDx a Taranto. Scegliemmo di farlo nel quartiere Tamburi, con l’ILVA di sfondo. Parlare, proprio in quel contesto, di innovazione tecnologica, scienza e migrazioni, fu molto simbolico, per una città piena di bellezza e contraddizioni. L’anno scorso siamo tornati lì con il tema “One World - One Health”, perché non possiamo essere sani in un pianeta malato, travolto da guerre e deforestazioni, inquinato da fabbriche velenose e allevamenti intensivi.


Cesare De Virgilio Sulla è un medico specialista in Medicina di Comunità e delle Cure Primarie. Sta terminando il Dottorato di Ricerca in Sanità Pubblica, Clinica Medica e Oncologia presso l’Università di Bari Aldo Moro. Ha approfondito i suoi studi presso l’Università Cattolica e l’Università Bocconi di Milano. Nella stessa città ha ottenuto il diploma da Health City Manager. Svolge volontariato con l’ONG “CUAMM - Medici Con l’Africa” e per il Comune di Bari.